Il nostro Patrono

Gran parte della documentazione storica attribuibile a San Leucio proviene dalla biblioteca dei bollandisti. La più antica biografia del Santo, Vita Leucii,  è stata redatta da Pellegrino, Arcivescovo di Brindisi nel XIII secolo.

Tutti i cronisti sono concordi nel luogo della prima presenza in Italia di San Leucio. Inizialmente si fermò nella penisola Salentina e più precisamente a Brindisi. E’ molto difficile stabilire in quale epoca il santo Vescovo abbia esercitato il suo apostolato nelle nostra terre. Padre Antonio da Serramonacesca, autore di una pregevole biografia di San Leucio, si arrende al tentativo di definire storicamente l’epoca di San Leucio, dichiarando in modo esplicito e disarmante: «E’ molto difficile precisare l’anno di quel beato transito, né io so come qualche autore possa assegnarlo all’anno 164».

In una novena data alle stampe agli inizi del secolo scorso in una parrocchia di Bitonto si sostiene che San Leucio: «…Obbediente alla chiamata del Signore, nel 164 circa approdava a Brindisi nelle vicinanze del ponte grande, detto poi ponte di San Leucio. Si diresse verso l’anfiteatro, posto a duecento passi fuori le mura della città».

Non si sa perché Pellegrino individui esattamente l’anno 164, e soprattutto non si riesce a capire quale sia la fonte originaria che consente all’Arcivescovo di sostenere la notizia con sorprendente determinazione.

Di questo santo si conoscono poche cose, di cui alcune indubitabili: è vissuto presso un convento situato nell’alto Egitto e subisce il martirio ad opera degli ariani, insieme ad Efrem, nel 373. Ovviamente il titolo del monastero in cui vive Leucio deve essere successivo la morte del santo dedicatorio. E’ quindi plausibile che Leucio sia ospite del monastero di Sant’Ermete verso la fine del IV secolo o, più probabilmente, agli inizi del V.   In conclusione è certo che l’approdo di Leucio in Italia è avvenuto tra il 402 e il 492.

Processione 2

La vita

Il padre di San Leucio, persona degna, semplice e decorosa, si dedica all’unico erede con grane impegno e continua dedizione. E’ felicemente unito in matrimonio con una giovane donna di nome Eufrodisia che, quando il piccolo Leucio aveva 10 anni, lascia prematuramente questo mondo per raggiungere la vita immortale.

In realtà il vero nome di Leucio è Euprescio.

Alla morte di Eufrodisia, il povero marito, distrutto dal dolore, si abbandona nel tormento di una crisi mistica, ed è proprio quel momento che lo conduce tra le mura di un convento dove gli ultimi giorni della sua vita possono scorrere nella solitudine, nella preghiera e nella meditazione, dove la serena accettazione della volontà di Dio preluderà all’inizio di una nuova vita. Così anche il figlio ancora adolescente decide di seguire il genitore nel difficile cammino della fede. Questi sono accolti nell’Abbazia di Sant’Ermete e avviati ad una appassionata vita religiosa.

Accanto alla meditazione, il giovane Euprescio trova anche il tempo di impegnarsi negli studi e di primeggiare rispetto ai confratelli distinguendosi ben presto non solo per le sue qualità morali, ma anche per le sue capacità culturali. Col passar degli anni il giovane Euprescio, con il consenso e con l’approvazione del padre diventa un erudito. Molti pagani si sentono attratti dalla fede di Leucio, si convertono e ricevono il battesimo, alcuni di essi divengono monaci nel monastero attiguo alla Chiesa di Sant’Ermete.

I miracoli e gli esorcismi

La vita di San Leucio è contrassegnata dai miracoli: il primo di essi è la guarigione di Melanzia, una nobile donna alessandrina affetta da idropisia.

Il primo vero miracolo è la storia di un esorcismo: la vicenda di un etiope da poco convertitosi alla fede cristiana. Il demonio è annidato nel suo corpo e tenta in tutti i modi di strapparlo dalla luce divina fino ad indurlo a comportamenti nefandi e miserevoli. Leucio si adopera per liberare l’etiope dal maligno.

Il Codice Cassinese parla del miracolo riportando perfino le parole pronunziate da Leucio; esse hanno il tono grave e solenne d’una pagina degli esorcismi del battesimo, il cui incipit ha più o meno questa impostazione: «Taci, o spirito diabolico, ed allontanati da questa creatura di Dio, né osare più oltre di abitare in essa, ma costretto ed umiliato esci da questa creatura entro la quale sei entrato, portato dalla tua invidia e, per questo, fino ad ora lo hai tenuto legato con le tue pessime catene…».

Ma il demonio, non volendosi arrendere, subisce una serie di trasformazioni. Prima assume le sembianze di un serpente e uccide chiunque incontra lungo il suo cammino e provoca tempeste, alluvioni e terremoti. In un secondo momento assume le sembianze di un dragone e ha placato la sua ira solo nel momento in cui si è gettato nei fondali marini. Leucio scorgendo lungo i bordi delle strade centinaia di corpi senza vita invita i fedeli a raccogliere dell’acqua e, dopo averla benedetta, la cosparge sui corpi senza vita e invoca il Padre Celeste. Così restituisce la vita ai poveri sfortunati. Con questo miracolo ha sorpreso molti, tanto che quel giorno vennero battezzati più di tremila uomini.

Molto importante è il prodigio della pioggia miracolosa in terra Salentina. Il prefetto Antioco per mettere alla prova il beato Leucio gli promette che, se avesse avuto una prova della potenza del suo Dio, si sarebbe convertito alla nuova religione. In quegli anni la terra di Puglia era arida, e la terra è sofferente da più di due anni di siccità. Lui avrebbe fatto tutto per vedere il sorriso sui volti degli abitanti di quel luogo, e quindi, si sarebbe anche convertito alla religione del Beato. Leucio si pone in orazione con i suoi compagni e, finita la preghiera, si avvicinano delle nuvole che si fanno sempre più minacciose; dopo alcuni minuti scoppia un violento temporale.  Antioco e il suo popolo chiedono subito di ricevere il battesimo, e quindi di convertirsi alla nuova religione.

Il culto

Inizialmente la devozione nei confronti di San Leucio era estesa a luoghi ristretti, ma aveva la caratteristica di un culto profondo. Dal VII secolo agli inizi del secolo successivo c’è una brusca accelerazione del culto.

Da Benevento il culto di San Leucio si espande in tutta Italia, infatti si hanno testimonianze di culto anche in Abruzzo e Molise. I primi ad accorgersi della popolarità del santo furono i monaci che, insieme ai signori longobardi si dettero a divulgare il culto leuciano.

La liberazione dal colera e la pioggia miracolosa

Agli inizi dell’ottocento in Europa si diffonde una strana forma di malattia: il colera che raggiunge l’Italia nel 1834. In paese iniziano ad arrivare delle notizie sull’avvicinamento del colera e il popolo, stringendosi al patrono in trepida attesa, si prepara ad accogliere l’epidemia.

Ferdinando II ordina che i corpi senza vita siano sotterrati fuori dal centro abitato, senza attendere alla costruzione di un nuovo cimitero. La nuova statua del santo viene innalzata a scudo difensivo contro l’avanzare del morbo. Grazie all’intercessione di San Leucio il paese rimane immune. Ma nel 1883 un’altra epidemia di colera avvolge Amorosi, Faicchio, Cerreto e gli altri paesi che circondano San Salvatore Telesino. Ma ancora una volta il santo patrono allontana questa orribile malattia dal popolo del paese.

Il patrocinio di San Leucio nei confronti della popolazione non finisce qui. Infatti, durante l’estate del 1893 (precisamente il 18 maggio) il paese era sconvolto da una grave siccità che disidratava la terra e bruciava la maggior parte del raccolto. La statua del santo viene portata in processione per le strade della contrada San Manno e, durante il ritorno in Chiesa, il cielo inizia ad oscurarsi e cade un’abbondante pioggia. Anche in questa occasione il nostro patrono ha aiutato gli abitanti del paese.