Abbazia Benedettina

Le origini dell’Abbazia risalirebbero prima dell’anno mille, i monaci, incoraggiati dagli attestati di fede della popolazione decisero di eliminare la cella benedettina e costituire un monastero col titolo di S. Salvatore.

Tale fenomeno si realizza quindi, soprattutto perché contemporaneamente nei pressi del monastero si stavano sviluppando alcune capanne che divennero sempre più numerose, sono gli abitanti di Telesia che abbandonano la loro città ridotta, dalle incursioni saracene a dai terremoti, ad essere l’ombra della superba e famosa città romana.

Il monastero finì per diventare, oltre che un centro di preghiera e meditazione, anche una vera e propria azienda agricola, sede di espansione e  di rafforzamento politico sul territorio. Ubbidienti al motto dell’Ora et Labora, i benedettini non si limitarono alla semplice direzione del lavoro dei servi, dei coloni o dei braccianti salariati, si prodigarono in prima persona al lavoro delle terre spendendo gran parte della loro giornata al lavoro manuale.

L’Abbazia di San Salvatore rimase nelle mani degli Abati per oltre quattrocento anni, senza alcun dubbio l’Abate più noto a noi è Giovanni Capuano, egli dimorò, per qualche tempo, nel famoso monastero di Back, in Normandia; in questo luogo ha la fortuna di conoscere S. Anselmo d’Aosta, arcivescovo di Canterbury, di cui diviene in breve tempo discepolo ed amico. Grazie a questa amicizia Giovanni ebbe l’onore di accogliere il santo filosofo come suo ospite nel monastero di San Salvatore Telesino. La sistemazione suggerita a Giovanni si rileva al monaco aostano una gradevole ed inaspettata sorpresa, l’abitazione è oltretutto situata in una zona quasi deserta, lontana dal clamore e dalla folla.

S. Anselmo, allietato dalla mitezza del luogo e pregustando un lungo periodo di pace e serenità, esclama soddisfatto: «Questa sarà la mia dimora per sempre, qui io abiterò».

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Anselmo trascorre le sue giornate presso la tenuta dei Liberi, alternando la meditazione allo studio e alla preghiera; non disegnando nemmeno qualche prodigio: una leggenda assai diffusa ritiene Anselmo abile nel ritrovare sorgenti d’acqua. Presso il monastero di San Salvatore ancora oggi un pozzo, situato al centro del giardino, viene chiamato «pozzo di S. Anselmo». La tradizione vuole che fosse stato proprio il Santo ad indicare il punto esatto dove rinvenire acqua.

Alla fine del settembre 1098, Anselmo riprende il cammino verso il sud per poter partecipare così al concilio di Bari indetto da Urbano II. L’Abate Giovanni Capuano muore il 19 giugno 1125. Stando così le cose Giovanni avrebbe governato 29 anni, dal 1096 al 1125, anno in cui la Valle Telesina e tutto il Sannio furono turbati da un violento terremoto. Dopo la morte di Giovanni, fu nominato abate un uomo di grande astuzia e genialità: Alessandro. Uomo di notevole cultura ed altrettanta abilità politica, Alessandro fu storico attento e smaliziato dell’epoca normanna. Egli acquista subito una rilevanza particolare soprattutto grazie alla sua abilità di intrecciare rapporti di amicizia e stima con i personaggi più influenti. Nel 1133 Alessandro riesce ad ospitare, nell’Abbazia di San Salvatore il re normanno Ruggiero II e qualche anno dopo ospitò anche suo figlio Alfonso, entrambi furono accolti festosamente dai monaci che consapevoli dell’eccezionalità dell’avvenimento, fecero tutto il possibile per impressionarli e per rendere gradevole il loro soggiorno al monastero.

L’Abbazia continuò a svolgere un ruolo fondamentale fino alla morte dell’abate Alessandro, un lento ma inesorabile declino porrà fine all’autorità che il monastero aveva assunto al tempo dell’abate.

Molto importante è il Carmen scritto nell’Abbazia normanna di San Salvatore Telesino, negli anni probabilmente fra il 1142 e il 1154.